22/01/24

ANIME VIAGGIANTI

“Grassa cicciona”, ti sei sentita apostrofare in modo talmente diretto che stavolta ti suona cattivo. Ora, forse per lo stress da viaggio, ti sembra insopportabile. Non fai finta di niente. Tuo padre, buonanima, ti insegnava a riderci sopra, tu hai imparato a sorridere a chi ti insulta. La tipa magra e coi capelli variopinti corti aveva sofferto il tacco del tuo stivaletto sul suo piede. L’urlo sintetico e sgradevole era risuonato nella carrozza. D’altronde i corridoi del vagone erano una carne unica, variopinta e densa come una tappezzeria Ikea. Muoversi quasi impossibile, per te alzarsi dal posto maxi e arrivare all’uscita un’impresa titanica. Come un Titano sorridente, hai sollevato l’esile biondina

UN INCONTRO IMPORTANTE

Filippo si stava per affacciare alla finestra, fuori aspettava la pensione. Si avventurava ignaro in equilibrio sulla sottile riga che segnava il passaggio tra l'essere e l'essere stato. Laddove un uomo poteva pensare di valere meno.

“Dovrei comprare la macchina nuova? Quanti anni potrò ancora guidare prima di non esserne più capace?” Questi pensieri arrivavano non invitati alla mente di Filippo e si mescolavano nel suo cuore, era il suo ultimo anno lavorativo.

LA CAMERETTA DEI BAMBINI

Le nocche della mano della donna bussavano energicamente sul muro. Sdraiata nel suo letto tentava di chiudere gli occhi pochi minuti dopo pranzo. Il muro confinava con la camera di due dei quattro figli, tutti gioiosamente irrequieti. Si chiedeva da dove provenisse l’aura di energia inesauribile che li possedeva, magari dal loro essere blocco unico: in accordo o in disaccordo erano comunque squadra in opposizione ai genitori.

La leggera percussione passava flebile all’altro lato del muro, nella stanza di Sara e Luca, i gemelli nati quattro anni dopo il primo parto gemellare. La “proprietà” della stanza era stata divisa in due tenendo conto delle difficoltà. La porta era una, come una era la finestra. Più muri liberi da una parte e meno dall’altra. Un mobile, anch’esso da dividere in due, che occupava per tre quarti lo spazio di Sara, un termosifone lungo dalla parte della scrivania di Luca. Tutti motivi di trattativa che i due intavolavano di nuovo all’affacciarsi di ogni nuovo trauma evolutivo.

LA PAURA DI GIORGIO

Giorgio era quel tipo che dovunque stava, era in bilico tra il suo nascondiglio e le stelle.

Da bambino a scuola capiva velocemente le spiegazioni dei maestri e per questo non studiava a casa, così via via perdeva il filo. E soprattutto in matematica passava da bei voti a una anonima scarsezza. Era il mio compagno di banco.

Aveva maturato negli anni l’idea di trovarsi nel posto o nel tempo sbagliato o entrambi. Per me invece erano il luogo o il tempo a non essere a volte adeguati a lui.

Ci siamo sentiti al telefono pochi giorni fa.

IL FIGLIO DI CHIARA

Chiara e Giulia si erano conosciute in gioventù. Avevano frequentato una scuola di ballo insieme. Un inverno a scalciare, piroettare e allenarsi era riuscito a saldare i loro cuori. Ognuna di loro era una gamba di un corpo di mutuo sentire, una amicizia cresciuta nel tempo.

Insieme in questo pomeriggio invernale dove qualche foglia tenace ancora si attardava a cadere sul sentiero che dalle ultime case di montagna si inoltrava nel bosco. Il cielo di un rosso intenso, presagio di una notte fredda.

Eccole laggiù, Chiara gesticola come sempre. Oggi ancora di più. Giulia cammina protesa verso di lei, gira spesso il viso verso l’amica a cercare il senso e la verità di quelle parole.

19/01/24

BOY BAND

A volte in piena notte tornano a galla i fantasmi del passato, galleggi e annaspi tra sudore e fantasie poco eroiche. Altre volte questi si materializzano di colpo come in una tempesta un tronco spezzato e portato dal vento che si schianta accanto a te sul selciato bagnato.

Quella sera Matteo aveva accompagnato la giovane figlia Ely al concerto dei “Mad for you” e Giovanna aveva dovuto cedere al pianto di Clio, la figlia di una sua cara amica caduta in giornata. Gamba ingessata.

18/01/24

CARLA

Dal DNA si può risalire al fisico, non all’anima. E l’anima a volte è irriconoscibile.

- Ci sono dei capelli qui per terra – urlò il tenente Luca Gabrielli.

Da tre giorni lui e la sua squadra si dannavano

LUNA E GIOVE

“Che casino! Qui prima o poi finisce male.” Luna, trent’anni. Sognava di fare la pittrice ma lavorava in un call center. Sempre sotto pressione, turni estenuanti, stipendio buono.

Giove, il cuginetto diciottenne che aveva cominciato a manomettere i pc di casa a otto anni, aveva aperto una società anti frode informatica sfruttando le sue capacità di entrare nei sistemi telematici. Con lui lavoravano due ingegneri. Luna e altre due ragazze erano il collante con le vittime di truffe on line.

CARLETTA E ALESSANDRO

“Alessandro figlio mio adorato, scendi ti devo parlare”, Carletta convocò il figlio in cucina con tono un po’ serio e un po’ burlesco.

La cucina era per Carletta una specie di casamatta, un rifugio, il posto dove poter esprimere o immaginare se stessa e non solo ai fornelli da brava casalinga anni cinquanta. Ora, ad esempio, tra una stoviglia ed un pacco di biscotti, stava ripensando al Tennis Camp,

17/01/24

PAROLA DI VARGA

Alle tre e trenta di quel mercoledì notte Anna si affacciò sanguinante al pronto soccorso del Casilino, il quartiere romano in cui abitava.

Impiegata in circoscrizione, vita regolare, nubile. Per tutti una persona tranquilla con poche distrazioni, si poteva dire tutta casa e lavoro. Anni prima una storia con un uomo, ormai finita.

 

Alla stessa ora di due giorni dopo, Arnaldo, preoccupato e col sangue gelato ascoltava la sentenza dell’ispettore Varga.

“E’ lei l’assassino, la dichiaro in arresto.”

LA FINZIONE CONIUGALE

Il caminetto crepitava allegro. I bagliori rossastri lottavano col buio circostante.

I vestiti piegati con accuratezza su una sedia non segnavano più il confine tra i corpi di Leila e Luis. L’una era accovacciata sull’altro. I respiri di nuovo regolari dopo che poco prima i movimenti studiati negli anni avevano regalato i sospirati attimi di ebbrezza.

“Da quanto tempo ci conosciamo?” sussurrava lei.

“Trent’anni almeno.” le rispose sottovoce.

“Mi hai mai tradita?”

UNA CITTA’ IDEALE

L’idea di una città ovvero la città ideale. E’ pensata ancora prima che costruita. Parte da un complesso di necessità. Da quelle primarie giù giù fino alle più lontane.

Ma il mio ideale non è l’ideale degli antichi romani

ZIA ROSA

Trent’anni prima il grande maniero di campagna gli era sembrato un enorme castello quasi incantato. Oggi aveva perso parecchia altezza e larghezza ma restava una bella proprietà.

Goffredo, l’ultimo figlio di una facoltosa famiglia sgretolata dai debiti era rimasto solo. Almeno finché scoprì essere ancora in vita la zia ultraottantenne, sorella del padre.

“Zia Rosa, che bello incontrarti.”

“Chi sei?” gli rispose inaspettatamente la zia

LE API

Un pizzico di paura immerso nel sommesso brusio tutto intorno all’edera. Piccole, numerose, organizzate, le api si affannano nel loro vitale andirivieni. Impegnate nel gioco della vita. Quella vera, senza maschere od infingimenti. Quella testarda, ostinata, senza divani.

Le amo le api. Per i noti motivi, penso. Ma anche per la loro organizzazione speciale. Che nessuno stato umano l’ha ancora mai ricalcata.

Ma oggi, proprio oggi, sono qui a chiedervi di andare via.

METRO PIAZZA DUOMO, MILANO

Milano, Stazione della Metro di Piazza del Duomo, ore 13,20.

Salgo le scale insieme a centinaia di piedi che trotterellano verso il cielo. Lui, fuori, lassù, cade a terra colpito da una mazza da baseball.

Ho scelto la fila dei mediocremente allenati di mezza età, sempre pronto a cambiarla per tirare il fiato. L’assalitore ha vita facile nel confondersi nella folla e scappare.