“Grassa cicciona”, ti sei sentita apostrofare in modo talmente diretto che stavolta ti suona cattivo. Ora, forse per lo stress da viaggio, ti sembra insopportabile. Non fai finta di niente. Tuo padre, buonanima, ti insegnava a riderci sopra, tu hai imparato a sorridere a chi ti insulta. La tipa magra e coi capelli variopinti corti aveva sofferto il tacco del tuo stivaletto sul suo piede. L’urlo sintetico e sgradevole era risuonato nella carrozza. D’altronde i corridoi del vagone erano una carne unica, variopinta e densa come una tappezzeria Ikea. Muoversi quasi impossibile, per te alzarsi dal posto maxi e arrivare all’uscita un’impresa titanica. Come un Titano sorridente, hai sollevato l’esile biondina
col suo zainetto e l’hai gettata casualmente su un ritaglio del tappeto di teste.“Fermati. Non agitarti.
Mi stai colpendo sulla fronte!” Giorgio, tu tentavi di bloccare i vani
movimenti della ragazza di ritrovare la posizione eretta dopo il lancio che,
fortuna sfacciata, ti aveva preso in pieno come i tuoi vicini schiacciati come
sardine. Giubbetto di pelle, bandana e capelli lunghi. Orecchini e tatuaggi
ovunque in faccia e sulle mani. “Buona, buona!” provavi a calmarla. Ma niente.
Più lei si agitava, più ti guardava. Più ti guardava e più si agitava. Hai
preso schiaffi e calci senza riuscire a muoverti e schivarli. La sua mano
agganciatasi inavvertitamente ai dieci piercing del tuo orecchio destro ti stava
per menomare. Hai urlato. Come avrebbe urlato un impiegato o un capostazione.
Domani lo dirai ai tuoi colleghi. Quelli che ti chiamano Lo zingaro.
A proposito. Eccoti
lì. Strizzato in un angolo del vagone. Guardato a vista dai tuoi vicini. Faccia
da nomade. Hai provato a chiedere in giro cosa volesse dire avere la faccia da
Rom e hai avute risposte vaghe: “C’è la faccia da francese, quella da svedese e
quella da Rom”, ti hanno detto “e i Rom rubano.” qualcuno ha aggiunto. Per
tutti e dovunque sei un ladro.
Nel vagone ci sei anche tu Caterina. Una
sedicenne dagli occhi azzurri e dal viso eburneo con tratti delicati. Una
ragazza come le altre. Soffri anche tu l’eccessiva e maleodorante umanità del
treno. Sembri un fiammifero tra i chiodi. Occhi tristi e mani avanti a
proteggersi, spingi via chi ti si accosta troppo. Spesso in quella tratta
affollata trovi qualche donna di buon cuore che ti avvicina e insieme, o con
altre donne, formate una brigata silente di controllo e aiuto reciproco anti
molestie. Non capita mai di trovare le stesse persone in un treno come quello.
Anche oggi è così.
Allunghi veloce la tua
manina a frugare nella tasca della signora vicina ma è vuota. Il secondo
tentativo è verso la borsa sorretta con la mano sinistra, per fortuna quella
destra è incastrata. E’ una sacca già semi aperta, facile entrarvi dentro. Al
tatto è semplice distinguere il portafoglio. Un secondo ed è preso. Un altro
secondo e una mano forte ti blocca. Le due donne a te vicine si dichiarano:
“Polizia, non fare resistenza e vieni con noi.” Ti mostrano il tesserino. Mesi
di denunce di borseggi sui treni e i sospetti ricadevano a volte su una
ragazzina dal viso angelico. Molte altre sui nomadi, su quelli con la pelle
nera o quelli con la pelle dai tanti colori.
Un racconto col narratore in seconda persona sui pregiudizi, senza citare la parola o i suoi sinonimi.
Scritto da Gianni il 22 Gennaio 2024
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