17/01/24

ZIA ROSA

Trent’anni prima il grande maniero di campagna gli era sembrato un enorme castello quasi incantato. Oggi aveva perso parecchia altezza e larghezza ma restava una bella proprietà.

Goffredo, l’ultimo figlio di una facoltosa famiglia sgretolata dai debiti era rimasto solo. Almeno finché scoprì essere ancora in vita la zia ultraottantenne, sorella del padre.

“Zia Rosa, che bello incontrarti.”

“Chi sei?” gli rispose inaspettatamente la zia

“Sono il figlio di Luigi, morto tre anni fa. Ci siamo sentiti ieri per telefono, zia. Sono tornato apposta per te in Italia. Ricordi? Vivo in Argentina da trent’anni.”

“Lo conoscevo questo Luigi?”

“Era mio padre, tuo fratello.”

“Ascolta bel giovane, mio fratello lo sento tutti i giorni”, asseriva la zia assurdamente alle orecchie di Goffredo.

“Come ti trovi a vivere qui con un solo domestico?” tentò di scartare lateralmente Goffredo.

“Anche in questo sbaglia, signore. Qui viviamo in tanti, non sono mai sola. In più c’è un magnifico giardino dove camminare quando voglio.”

“Eppure mi hai detto ieri di sentirti sola e… - non riuscì a terminare la frase che all’improvviso si sentì colpire sulla spalla protetta dal cappotto. Un bicchiere era appena volato verso di lui.

“Non ho mai amato essere contraddetta nemmeno dai familiari, figuriamoci da lei che non ho mai visto prima.”

Le rughe sul viso di Goffredo si delineavano insolitamente nette sulla fronte lucida. Gareggiavano con quelle più marcate e giustificate della zia. La chiacchierata amichevole del giorno prima aveva lasciato il posto ad un dialogo surreale al quale non si era affatto preparato. La situazione poteva fatalmente sfuggirgli di mano.

Ebbe una idea.

“Rosa mi porti un cordiale?” disse abbassando la voce ad imitazione di quella del padre ingobbendosi leggermente.

“Certo Luigi, ne prendo uno anche io”, rispose Rosa al presunto fratello.

La zia si alzò malferma aiutandosi col bastone, lo stesso che Goffredo aveva visto nelle mani del padre in alcune delle ultime fotografie.

“Pensa Luigi caro che un giovanotto si è presentato qui dicendosi tuo figlio. Ho avuto una sensazione di freddo mentre parlava. Lo vedevo volare su di noi, in attesa.”

 Goffredo si accigliò pensieroso, lo sguardo cupo era aiutato dal calare svelto dell’oscurità. Solo un caminetto acceso, vicino alle due sedie, illuminava a tratti e instabilmente il suo viso così da rendere le ombre del naso della bocca e degli occhi assai mutevoli.

“Rosa sorellina mia, ne sono al corrente. Goffredo, mio figlio, mi ha avvisato del suo arrivo e della visita che voleva farti. Mi ha scritto spesso chiedendo tue notizie. Ti è molto affezionato”, fingeva Goffredo.

“Mi spiace tanto allora. Devo avere frainteso le sue intenzioni e probabilmente dopo tanti anni non l’ho riconosciuto.”

Bevvero insieme il cordiale.

Voltandosi lentamente Goffredo si accorse che agli angoli della grande stanza erano accese quattro candele, una per angolo. La loro luce era nulla se paragonata a quella elettrica ma ora in quella stanza arrivava a sorpresa a toccare il chiarore tremulo proveniente dal fuoco del caminetto.

“Zia, se vuoi torno a trovarti domani”, disse Goffredo azzardando il repentino cambio di personaggio. Fidava adesso sul viatico paterno.

“Come preferisci Goffredo.”

A quella risposta, finalmente sentitosi riconosciuto, una leggera emozione lo colse. Il primo passo era fatto. Ma non solo. Con l’aiuto pilotato del padre la strada verso il cuore e la banca dell’anziana e ricca zia sarebbe stata in discesa.

Questa rinnovata possibilità gli aveva scaldato l’orecchio destro come a volte gli accadeva. Lo sfiorò un po’, girò il collo verso la sua destra e vide all’altezza della tempia una mano che teneva una delle quattro candele accese. Fece un istintivo balzo indietro quasi a cadere dalla sedia stessa.

“Ciao Goffredo”, disse una voce che ancora non aveva un viso, coperta com’era dalla candela e dalla sua luce.

“Ti rifai vivo finalmente!” Sembrava fosse la candela a parlare, sicuro la voce proveniva da lì dietro.

Gli occhi di Goffredo cercavano affannosamente quel viso perso nel buio mentre la zia ridacchiava con dei rantoli catarrosi.

La bocca di Goffredo si aprì interrogativa lasciando pendere un filetto di saliva. La faccia di Luigi, il padre, perfettamente attaccata al collo e al suo corpo, in carne e ossa, era accanto a lui. Goffredo avvitato indietro e aggrappato allo schienale con le unghie conficcate nella tappezzeria di velluto, sentì vampate di calore percorrerlo come ondate di tempesta.

Il padre continuò “nemmeno per il mio finto funerale sei tornato, sapendo che non c’era eredità. Sei qui solo per la zia anziana e malata, come ti abbiamo fatto credere. A causa di ciò e con la morte nel cuore io e tua zia abbiamo ceduto tre anni fa tutto in nuda proprietà.”

Non aggiunsero altro. Rosa e Luigi si alzarono e fendendo il buio con la sola candela, si avvicinarono alla porta, la aprirono e la richiusero dietro di loro.

 


Scritto da Gianni il 7 Dicembre 2023

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