Un filo di rimmel sulle ciglia della donna. “Quando potrò metterlo anch’io, mamma?” le chiedeva Mimmi da piccola.
“C’è tempo, arriverà anche per te
il momento giusto”, ripeteva la madre aggiustandosi il trucco.
“E il rossetto?”
“Direi ancora più tempo…” le
diceva guardandola di sottecchi, con un sorriso nascosto.
“E quel momento è arrivato.”
Mimmi si guarda allo specchio, nella mano destra lo scovolino che stende il
mascara, nella sinistra il lucidalabbra e nello specchio una quindicenne dai
capelli lunghi e castani. L’app musicale sceglie per te una canzone.
“Buonanotte, buonanotte amore mio
Buonanotte tra il telefono e il cielo
Ti ringrazio per avermi stupito
Per avermi giurato che è vero
Il granturco nei campi è maturo
Ed ho tanto bisogno di te”
“Vecchia”, pensi “però mi piace; è romantica.”
“Amore mio, ho tanto bisogno di
te” ripeti nella tua testa mentre i preparativi continuano.
“Vorrei mettere il vestito rosso,
ma forse è troppo per il pomeriggio”, ti dici prendendo un paio di jeans
comprati da poco.
Tania, la madre di Ceppo, un
diciassettenne magrolino e introverso, si guarda l’occhio sinistro dopo il
necessario colore di copertura. Ceppo la vede dal corridoio, non riesce più a
avvicinarla come anni prima. Dentro di lui si scontrano rabbia e frustrazione,
impotenza e passiva emulazione.
“Di nuovo, mamma?”
“Si, Giuseppe.” La radio
trasmette una canzone:
“Buonanotte, buonanotte fiorellino
Buonanotte tra le stelle e la stanza
Per sognarti devo averti vicino
E vicino non è ancora abbastanza”
La vicinanza è un’arma a doppio
taglio. E i tagli sono tutti per Tania.
“In fondo non è cattivo” gli dice
pensando all’ultima volta, uguale a tutte le altre.
“Non mi lasciare, se te ne vai mi
uccido. E ho paura a morire da solo. Ti chiedo perdono, io non so cosa mi
succede. A un certo punto non ragiono più, non ti vedo più. Non esasperarmi coi
tuoi lamenti.” Tre anni d’inferno, ora non si fermava nemmeno in presenza del
figlio.
“Tuo padre è depresso”, ripeteva
Tania a Ceppo.
“Mio padre ti mena”.
Figlio unico in una famiglia come
tante, niente da segnalare. Pensava a quello che avrebbero detto i vicini in tv
se le cose fossero arrivate alle estreme conseguenze: “Una famiglia per bene,
mai nessun problema. Cosa sarà passato per la testa dell’uomo? Gran lavoratore!”.
Un misto di banalità da telecamera, un fritto di auto assoluzioni e
confinamento di paure. Per fortuna la madre era ancora lì davanti a lui, anche
se con i soliti lividi e graffi.
Quel pomeriggio era uscito
nervoso, non piangeva nemmeno più. All’inizio pensava di odiare il padre, ora
un’altra emozione lo opprimeva: “Mamma io non ti capisco. Perché subisci tutto
questo? Perché non scappiamo via?” Non era la prima volta che lanciava alla
madre una ciambella di salvataggio, le risposte erano fatte di sguardi.
“Gli uccellini nel vento non si fanno mai male
Hanno ali più grandi di me”.
Mimmi sta scendendo le scale di
corsa. “La prima cosa che gli chiederò è di chiamarmi Monetina, è un nomignolo
carino.” Non sei intonatissima ma che importa? Canticchi allegra e la tua voce
suona tra un piano e l’altro:
“Buonanotte, buonanotte monetina
Buonanotte tra il mare e la pioggia
La tristezza passerà domattina”.
“Ciao” gli dici abbracciandolo.
Lo schiaffo e l’incendio sulla tua guancia arrivano improvvisi, inaspettati.
Neanche il tempo di salutarlo. Lo guardi stordita. L’orecchio fischia, gli
occhi provano a inquadrare da dietro il velo umido del dolore.
Lui si rivolge a te con fastidio,
cattiveria: “Perché ti sei truccata?” ti apostrofa. “Non mi piace. La prossima
volta chiedimi il permesso.”
La tristezza non passerà
domattina. Sei giovane ma ti hanno insegnato a non accettare nessuna violenza,
a denunciare subito anche una spinta, una presa in giro sbagliata, eccessiva.
“Sono la mamma di Mimmi, dobbiamo
parlare.” La madre di Ceppo risponde a monosillabi, non crede a una parola di
quella donna che nemmeno conosce. Come poteva parlare così di suo figlio?
“Giuseppe non farebbe mai una
cosa del genere, mi creda.”
Non erano bastate le scuse, la
richiesta di perdono, la promessa di non rifarlo più, dette un attimo dopo lo
schiaffo. Mimmi si era girata ed era corsa di nuovo su, a casa, dalla sua
famiglia, nel suo nido.
Traccia: Dalla
parte di lui: “Proprio non riesco a fermarmi. Quando dice certe cose, mi va il
sangue al cervello. Non ci vedo più e, purtroppo, la picchio. Dico purtroppo
perché subito dopo me ne pento. Mi hanno educato così”
Francesco de Gregori: “Buonanotte Fiorellino”
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