Gialla è una ragazza dei nostri tempi, tutta presa da mille cose da fare, virtuali e non. Studentessa di Filosofia, impegnata socialmente, tante idee per la testa, sfocate al punto giusto. Da qualche tempo la si vede uscire col Rosso, soprannome derivante dai capelli tinti di quel colore.
Dopo il primo anno di
matrimonio, nessuno vide più Febbre. Lei non usciva più di casa e pian piano il
suo ricordo svanì.
Non sappiamo bene come
finì la storia tra lei e Disgrazio, non ci sono documenti. Si dice in giro però
che Febbre fu decapitata dal marito geloso, che la cosa non la uccise e che
visse i suoi anni girando per il castello tenendo la sua testa sottobraccio con
un grande sorriso stampato sopra, a scorno coniugale.
Leggende di paese,
certo. Sino a ora, quando un gruppo di ragazzi che camminano nel centro storico
l’hanno appena vista ancora, sorridente come sempre, con la sua testa sotto
braccio, passeggiare per le strade illuminate dai rari lampioni.
A tale vista il gruppo
alza alte urla e pianti mentre tutti corrono come formiche spaventate in ogni
direzione. Gialla, forte dei suoi studi universitari e di un esame in
particolare, decide di urlare ancora più forte.
“Calma, calma! E lo
dico a tutti noi, nessuno escluso”, la sagoma di Febbre ancora visibile a dieci
metri di distanza.
“Non dobbiamo
focalizzare l’attenzione sulla testa staccata di Febbre”, dice con enfasi “lei
in tutti questi anni ci ha indicata un’altra via: il sorriso!”
“Che vuoi dire?
Ritieni normale vedere una donna decapitata passeggiare col suo macabro
ingombro?” le chiedono gli amici coralmente e quindi con qualche stecca.
“Ho analizzato per un
esame passato la figura di Febbre e vi dico che il suo sorriso è la chiave di
volta”, dice schiarendosi la voce e gestualmente richiamando i suoi amici in un
cerchio più vicino a lei. “Non vorrei farmi sentire da Febbre, non so come potrebbe
prendere questo discorso” aggiunse sottovoce alimentando il mistero.
Gialla aspetta che
Febbre giri dietro un angolo, e comincia.
“Immaginate una bella
donna, colta, simpatica e allegra. Dopo qualche tempo dal suo matrimonio si
accorge che il suo principe azzurro, nella quotidianità, ha cambiato il suo
colore. Mettiamo che le appaia marrone o nero. Ma nulla può. Quel che è fatto
non può essere cambiato. Infatti lui può avere altre storie, lei no. Lui può
decidere su tutto, lei no. Lui può andare in giro, passeggiare, parlare con
altre persone, lei no. Lui è un attacca briga sempre immusonito, lei no. Lui
addirittura non la sopporta vedere sorridere. Ci riuscite a immaginare?” chiede
retoricamente.
“Naturalmente no!”
continuò lei “E come potremmo oggi?” domanda nuovamente, questa volta con
l’incauto e ingenuo ottimismo dei suoi anni.
“Quindi? Dove vuoi
arrivare?”
“Ecco il punto. Il suo
assassinio è stato vissuto da lei come una liberazione, addirittura una
vittoria sulla vita triste impostale dal marito. Al quale ha inflitto la sua
condanna: il ricordo del suo abominio da una parte e il sorriso dall’altra.”
“E noi cosa c’entriamo
in tutto ciò?” quando si è giovani la curiosità prende il posto della paura,
aiutati anche dalla momentanea assenza ottica di Febbre.
“Ho una teoria alla
quale non ho ancora accennato”, continua Gialla.
“Tutti i grandi
pensatori, filosofi, saggi, asceti o santi, hanno un lascito per noi tutti, non
sono solo chiacchiere. Febbre mi ha indicata la via per superare la paura, le
aspettative deluse, le ansie. Per alleggerirmi il peso delle frustrazioni, per
tornare a sorridere per sempre”, e lo dice guardando il Rosso in tralice.
Ammiccando a qualcosa di accaduto o che si erano appena detti. Ma su questo
Rosso non aggiungerà mai nulla suppongo.
“Anch’io voglio
portare il mio sorriso a tutti! E’ un atto politico forte, lo capisco, ma
liberatorio. Il mondo ha bisogno di azione!”
Il gesto è fulmineo.
Perché abbia con se quel pesante coltello nel capiente zaino rimane
illeggibile. Con la forza di mille uomini si decapita, certa di poter prendere
anche lei la propria vita nelle sue mani. Di alleggerirsi dei suoi pesi. Di
portare sorriso e dignità ai suoi amici e familiari. Di rimanere in vita come
Febbre e diventare una eroina dei nostri giorni.
Ma non riesce a
prendere la sua testa che cade a terra. Così come il suo corpo, esanime. Gli
amici, spettatori ignari e involontari di tanto orrore riprendono a urlare.
Talmente forte da arrivare tanto lontano dove era tornata Febbre che, senza
tempo e spazio raggiunge veloce il corpo di Gialla, si inginocchia e per un
attimo muta il sorriso in pianto. Tra i singhiozzi riusciamo a sentire la sua
voce “Io ho vinto l’orrore con l’amore. Gialla, amica mia, spinta da me, tu hai
frainteso! Hai vinto l’amore con l’orrore. E l’orrore alla fine non vince mai!”
Esercizio su: Cosa accadrebbe se una leggenda popolare del tuo paese prendesse vita?
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