31/03/24

FEBBRE, GIALLA E ROSSO

Nel castello del paese di Farlònia in provincia di Stranizzi viveva secoli fa una donna chiamata Febbre, si dice perché nata in Febbraio. Aveva fatto girare la testa a parecchi giovani fino al momento del matrimonio col ricco mercante Disgrazio, nato appena dopo il rovescio economico del padre. Una giovinezza nella povertà assoluta. Giorni senza nemmeno poter mangiare. Il giovane Disgrazio aveva imparato presto l’arte di arrangiarsi. In pochi anni, vendendo e comprando aveva accumulato il denaro necessario alla costruzione del grande castello che avrebbe ospitati lui e la giovane moglie Febbre. Dolce, bella, simpatica e sorridente. L’aveva scelta per le prime tre qualità, l’ultima però non la sopportava. Le aveva detto e ridetto di non sorridere sempre, soprattutto quando uscivano a passeggiare in paese. Ma il carattere e l’educazione sono difficili da cambiare, ci vuole tempo. Purtroppo Disgrazio, segnato dall’infanzia infelice, era al contrario burbero e collerico.

Gialla è una ragazza dei nostri tempi, tutta presa da mille cose da fare, virtuali e non. Studentessa di Filosofia, impegnata socialmente, tante idee per la testa, sfocate al punto giusto. Da qualche tempo la si vede uscire col Rosso, soprannome derivante dai capelli tinti di quel colore.

Dopo il primo anno di matrimonio, nessuno vide più Febbre. Lei non usciva più di casa e pian piano il suo ricordo svanì.

Non sappiamo bene come finì la storia tra lei e Disgrazio, non ci sono documenti. Si dice in giro però che Febbre fu decapitata dal marito geloso, che la cosa non la uccise e che visse i suoi anni girando per il castello tenendo la sua testa sottobraccio con un grande sorriso stampato sopra, a scorno coniugale.

Leggende di paese, certo. Sino a ora, quando un gruppo di ragazzi che camminano nel centro storico l’hanno appena vista ancora, sorridente come sempre, con la sua testa sotto braccio, passeggiare per le strade illuminate dai rari lampioni.

A tale vista il gruppo alza alte urla e pianti mentre tutti corrono come formiche spaventate in ogni direzione. Gialla, forte dei suoi studi universitari e di un esame in particolare, decide di urlare ancora più forte.

“Calma, calma! E lo dico a tutti noi, nessuno escluso”, la sagoma di Febbre ancora visibile a dieci metri di distanza.

“Non dobbiamo focalizzare l’attenzione sulla testa staccata di Febbre”, dice con enfasi “lei in tutti questi anni ci ha indicata un’altra via: il sorriso!”

“Che vuoi dire? Ritieni normale vedere una donna decapitata passeggiare col suo macabro ingombro?” le chiedono gli amici coralmente e quindi con qualche stecca.

“Ho analizzato per un esame passato la figura di Febbre e vi dico che il suo sorriso è la chiave di volta”, dice schiarendosi la voce e gestualmente richiamando i suoi amici in un cerchio più vicino a lei. “Non vorrei farmi sentire da Febbre, non so come potrebbe prendere questo discorso” aggiunse sottovoce alimentando il mistero.

Gialla aspetta che Febbre giri dietro un angolo, e comincia.

“Immaginate una bella donna, colta, simpatica e allegra. Dopo qualche tempo dal suo matrimonio si accorge che il suo principe azzurro, nella quotidianità, ha cambiato il suo colore. Mettiamo che le appaia marrone o nero. Ma nulla può. Quel che è fatto non può essere cambiato. Infatti lui può avere altre storie, lei no. Lui può decidere su tutto, lei no. Lui può andare in giro, passeggiare, parlare con altre persone, lei no. Lui è un attacca briga sempre immusonito, lei no. Lui addirittura non la sopporta vedere sorridere. Ci riuscite a immaginare?” chiede retoricamente.

“Naturalmente no!” continuò lei “E come potremmo oggi?” domanda nuovamente, questa volta con l’incauto e ingenuo ottimismo dei suoi anni.

“Quindi? Dove vuoi arrivare?”

“Ecco il punto. Il suo assassinio è stato vissuto da lei come una liberazione, addirittura una vittoria sulla vita triste impostale dal marito. Al quale ha inflitto la sua condanna: il ricordo del suo abominio da una parte e il sorriso dall’altra.”

“E noi cosa c’entriamo in tutto ciò?” quando si è giovani la curiosità prende il posto della paura, aiutati anche dalla momentanea assenza ottica di Febbre.

“Ho una teoria alla quale non ho ancora accennato”, continua Gialla.

“Tutti i grandi pensatori, filosofi, saggi, asceti o santi, hanno un lascito per noi tutti, non sono solo chiacchiere. Febbre mi ha indicata la via per superare la paura, le aspettative deluse, le ansie. Per alleggerirmi il peso delle frustrazioni, per tornare a sorridere per sempre”, e lo dice guardando il Rosso in tralice. Ammiccando a qualcosa di accaduto o che si erano appena detti. Ma su questo Rosso non aggiungerà mai nulla suppongo.

“Anch’io voglio portare il mio sorriso a tutti! E’ un atto politico forte, lo capisco, ma liberatorio. Il mondo ha bisogno di azione!”

Il gesto è fulmineo. Perché abbia con se quel pesante coltello nel capiente zaino rimane illeggibile. Con la forza di mille uomini si decapita, certa di poter prendere anche lei la propria vita nelle sue mani. Di alleggerirsi dei suoi pesi. Di portare sorriso e dignità ai suoi amici e familiari. Di rimanere in vita come Febbre e diventare una eroina dei nostri giorni.

Ma non riesce a prendere la sua testa che cade a terra. Così come il suo corpo, esanime. Gli amici, spettatori ignari e involontari di tanto orrore riprendono a urlare. Talmente forte da arrivare tanto lontano dove era tornata Febbre che, senza tempo e spazio raggiunge veloce il corpo di Gialla, si inginocchia e per un attimo muta il sorriso in pianto. Tra i singhiozzi riusciamo a sentire la sua voce “Io ho vinto l’orrore con l’amore. Gialla, amica mia, spinta da me, tu hai frainteso! Hai vinto l’amore con l’orrore. E l’orrore alla fine non vince mai!”



Esercizio su: Cosa accadrebbe se una leggenda popolare del tuo paese prendesse vita?

Nessun commento:

Posta un commento