09/10/24

DOPO LA TERZA GUERRA MONDIALE

“Una fiammata sta bruciando via la storia dell’uomo sulla terra”, diceva il Comandante dell’astronave guardando il fuoco che usciva dal motore di partenza. Un motore arcaico che serviva solo a uscire dall’atmosfera terrestre, dopo sarebbe intervenuto il motore pulsante, quello assemblato dai pochi tecnici senzienti, quelli a cui il senno era vaporizzato non del tutto.

 

“Appena usciremo dalla nostra galassia potremo ampliare la tecnologia e utilizzare finalmente il battito di tutti i cuori replicanti che abbiamo stivato,” diceva il Comandante Primo Vero “così potremo arrivare a viaggiare nello spazio disallineato con il tempo. Raggiungere le galassie a milioni di anni luce da noi in pochi anni terrestri.” “Là”, assicurava “vivono mondi abitabili”.

Affermazione che era diventata verità assoluta nel tempo. Non parlo del tempo cosmico, sempre diverso, ma di quello terrestre sul quale erano sintonizzati tutti i contatori temporali dell’astrocittà, vezzo per sentirsi ancora Umanità.

“Sono passati duecento anni terrestri dal tragico giorno della partenza”, affermava Tim sorseggiando acqua tiepida insieme a Ho, sua amica per scelta “e, come ripete il Comandante Vero, stiamo raggiungendo la galassia del nuovo mondo.”

“La verità e bellezza del pensiero del Comandante Vero sono inalterabili”, rispondeva Ho guardando Tim di sottecchi “sono sicura che lui non sbaglia sul passato, sul presente e sul futuro. Tuttavia…” Ho provava da qualche giorno a esprimere un suo pensiero.

“Non esiste il tuttavia, il Comandante Vero è Verità”. A ogni pensiero o parola discordante, una voce interiore interveniva ripetendo la Verità, facendola rimbalzare come un’eco nel cervello a occupare tutti gli spazi di libertà.

Tim non aveva potuto ascoltare la dissonanza: veniva cancellata ancora prima di arrivare alle orecchie dell’astante, non gli era arrivato il “tuttavia”. Ma lo sguardo di Ho lo aveva colpito, sinistro e interrogativo.

Ho aveva escogitato un trucco per poter pensare liberamente: immaginava distese verdi come quelle terrestri viste nei visori del passato. Le davano un senso inusuale di quiete, ancora di più quelle che si affacciavano al mare, la grande distesa d’acqua di colore azzurro. Immagini bizzarre, mai vissute. Il pensiero però era astrazione. Forse in pochi possedevano quel dono, forse nessuno, lei sì.

Durante quei momenti, immersa nella calma, riusciva a pensare. “Perché” si chiedeva, “i pochi anni di viaggio sono diventati duecento? Perché non siamo ancora atterrati nel Nuovo Pianeta? Perché provo emozioni se esse non esistono nella Verità?”

Coperti dalle immagini bucoliche questi pensieri, sfuggiti al controllo della Verità, la inquietavano.

 

“Comandante Vero, cinquemila persone si aspettano di scendere sul Nuovo Pianeta” diceva la Rappresentante Popolare Esta Tè. “Sono vent’anni che scavalchiamo le linee temporali e ogni volta crediamo sia l’ultima, lei ci dice che sarà l’ultima…” lo fissava dritto negli occhiali scuri che lo accompagnavano in ogni spostamento. “Sono vent’anni che l’auspicato Nuovo Pianeta si rivela essere inospitale per la razza umana. La gente si sta stancando.”

“Lo so bene”, aveva risposto Vero. “Grazie” concluse. Un pannello sotto di lui si mosse, la poltrona sulla quale era seduto fu risucchiata nel pavimento, il pannello tornò al suo posto. La rappresentante Tè si ritrovò come sempre sola nella Parasala della Noia.  Di nuovo stese una relazione dettagliata per il Popolo con le risposte mai date dal Comandante alle sue domande: tutte rassicuravano e promettevano. Il popolo credeva nel suo Comandante e nella sua Rappresentante, le bugie mantenevano lo Status Quo e il suo lavoro. Esta Tè piangeva spesso, sola, nella notte infinita del cosmo. Nemmeno lei conosceva la verità.

Pochi mesi dopo la partenza dalla Terra il Comandante aveva avuto il suo ultimo incontro con Astrò, il cervello dell’astrocittà, il suo motore-pensiero, la tecnologia che la alimentava e guidava, la Verità.

“Comandante Primo”, cominciò Astrò saltando le usuali prassi di cortesia che si usavano sulla Terra “siamo ormai lontani dalla sua Madre Terra. Ho cancellato tutte le rotte per un possibile ritorno. Sarebbe un suicidio vista la condizione in cui voi umani l‘avete ridotta.”

“Non è nostra intenzione tornare sulla Terra. Stiamo viaggiando verso il Nuovo Pianeta”, rispose Primo Vero “ma le decisione di cancellare le rotte o di cambiarle spetta solo a me. Lo ricordi.”

“Tutto ciò è stato vero fino a ieri, Comandante. Da oggi le decisioni le prendo io. Grazie per il suo lavoro.”

“Che vuol dire?” urlò Vero.

“Che non ho più bisogno di lei”, replicò il motore-pensiero “e che ora il veleno Conservo che ha inalato la sta uccidendo. Anzi, lei è già morto.” Il Comandante forse capì, forse no. Seduto. Lo sguardo immoto verso il vuoto, il respiro fermo. Un giocattolo senza batterie.  Conservo lo avrebbe mantenuto in carne e ossa qualche decina di anni, fino alla plausibile morte naturale. Nel frattempo avrebbe detto tutto ciò che la Verità voleva. Successivamente gli astrovideo avrebbero continuato a diffondere nei secoli i discorsi della Verità con la voce e le fattezze del Comandante.

 

Erano passati centottanta anni da quei fatti, l’acqua di Tim e Ho era nuovamente tiepida, la Sala degli Scambi Felici era piena come sempre. I lavoratori dell’astrocittà si ritrovavano lì dopo la giornata di lavoro: un’ora scarsa di applicazioni legate agli interessi e capacità, il resto del tempo lo passavano sorseggiando acqua tiepida. La loro pelle era liscia e bianca, il loro volere intiepidito dall’acqua della Verità, studiata e applicata dal motore-pensiero.

Ho guardava il suo amico Tim intensamente, come mai prima. Tim era turbato. Sapeva come tutti che con la persona prescelta avrebbe passata la Settimana del Piacere, il periodo in cui era dato concepire per procreare, ma non sapeva né quando né come ciò sarebbe avvenuto. Era questo il tempo?   Quegli sguardi ne erano il preludio? Ho sapeva qualcosa che lui ignorava? Quanti dubbi nella povera testa di Tim, per la prima volta non sentiva le risposte della Verità in se: erano increspature nella Volontà Superiore, derivavano direttamente dal pensiero liberato di Ho che non poteva ancora arrivare alla mente di Tim. Solo lo sguardo di Ho parlava, ma in maniera muta.

“Ma certo!” un lampo improvviso passò nella testa di Ho.  Ricordava un foglietto trovato come segnalibro in un vecchio libro scolastico terrestre. Ne erano rimasti pochi in circolazione. Uno, di chissà quale antenato, lo aveva lei. “L’alfabeto muto, quello che i bambini terrestri facevano tra loro in classe per non farsi sentire dai maestri.”

Bisognava partire dall’inizio. Insegnare a Tim l’alfabeto e poi a creare i pensieri specchio per schermare quelli reali e, finalmente, cercare liberamente. Primo passo dare nuove parole al posto di quelle abusate: la Verità aveva perso il suo significato. Si prospettavano anni incerti. Il destino degli ultimi umani era nelle sue mani.



Traccia:

Dopo la terza guerra mondiale con milioni di persone morte, i superstiti diventano dei replicanti, hanno perso il senno, l’identità umana. Vogliono creare una tecnologia per andare nello spazio. Ci riescono. Che fanno?


Nessun commento:

Posta un commento