09/10/24

L'ALBA INAUDITA

Il manualetto acquistato tanti anni prima passava anni ad aspettare che tu ti ricordassi di lui. Prima sulla tua scrivania, poi sul comodino e infine in libreria.

Lo hai ripreso dopo trent’anni di solitudine, la pena che gli avevi inflitto. Lui, ingiallito e impolverato, ti regala di nuovo le sue conoscenze.

Leggi a voce alta “Porcino:

la sua produzione varia in relazione all’andamento stagionale: è contrario alla siccità e alle basse temperature. Il porcino di castagno o rovere è di migliore qualità seguito dal porcino di abete e da quello di faggio.” Una voce in te ricorda: “Fai attenzione: non è facile leggere e camminare sui sentieri montani.”

Il castagno, unica essenza arborea presente sul sentiero, ti torna prepotente e maestoso alla mente. I porcini invece sono avvolti nelle nebbie dei tuoi ricordi perché erano tuo padre e un suo caro amico gli esperti di funghi. Tra loro si chiamavano Il Micologo Rosso e Il Micologo Biondo, giocando sul rispettivo colore dei capelli.

“Annetta guarda questo funghetto. Lo prendiamo?” ti chiedeva a volte tuo padre per insegnarti a scegliere bene. Ciò era fonte di divertimento, soprattutto quando rispondevi male.

“Ci farà morire tutti!” diceva ridendo tuo padre all’amico.

Ma le più belle passeggiate erano quelle che cominciasti a fare da più grande. Tornare oggi su questo sentiero ti centrifuga ricordi, speranze e vuoti rimpianti.

Qui hai prese le decisioni importanti con la magica caparbia serenità dei vent’anni. Qui hai portato le persone della tua vita ad affrontare il rito iniziatico. Le tue amiche, i ragazzi, le scelte dovevano passare il filtro severo del sentiero.

“E’ rimasta senza fiato!” o “Non distingue un abete da un larice” e ancora “Si sarebbe perso dieci volte se non ci fossi stata io. Non conosce la differenza tra sud e nord…” E poi le improvvise folgorazioni che ti avevano illuminata la strada da prendere ai bivi esistenziali.

“Sarà l’esubero di ossigeno o la maggiore vicinanza a Dio”, dicevi.

Le serate estive con le tende, le chitarre, i fuochi e gli amici sono ancora vivide nel tuo cuore, gli anni non le hanno sbiadite. L’eccitazione, la paura e la gioia erano un sentimento unico. Gli ululati lontani dei lupi non erano presagi luttuosi ma motivo per cantare più forte.

 

La giostra rutilante del passato ti confonde al punto da doverti sedere un attimo. La testa gira forte appena apri gli occhi.

Il sole con la sua nuova luce lattiginosa ti abbaglia sfocando le sagome.

La nebbia artificiale che si è alzata da qualche giorno non permette di spaziare oltre pochi metri: è tutta polvere luminescente che staziona ferma nell’aria riflettendo spilli taglienti di luce. Riesci ad aprire le palpebre a fessura coprendole con una calza. Il respiro è difficile per l’odore pungente e chimico che ti porti dietro dalla città.

Speri nel tuo bosco, nel soffio degli alberi e delle piante. Nei colori delle more e dei mirtilli, nelle foglie di castagno. Sogni le tonalità di verde e ocra nei panorami sul paese e le montagne più in là. Vuoi essere nei frutti di bosco e funghi poco distanti dal sentiero.

Invece è terra sconosciuta fina come sabbia, niente alberi ma tronchi e rami spettrali e sciolti e anneriti e fumanti.  

Non hai incontrato nessuno nei giorni di cammino che ti hanno riportata qui. In testa l’ultima immagine di normalità. Tu, una poltrona e un libro. Poi un suono improvviso e profondo. Forte da non sentirlo. Una serie di bagliori come mille soli al tramonto.

Pochi secondi o attimi eterni e un altro mondo ti ha avvolto.

Senza più pensieri ti sei avviata a cercare indietro la tua vita. Verso il tuo sentiero. Polverizzato anch’esso come tanta parte dell’umanità.  

Non vuoi fermarti, e perché dovresti. Non mangi da tre giorni, non c’è nulla da mangiare.

Eppure cammini. “Se mi fermo muoio anch’io”, pensi.

Superate le tre colline, sei salita al punto panoramico. “Mi fermo un attimo, non sento più i piedi”. Un ginocchio dietro l’altro ti accompagna a sederti a terra. Fa buio velocemente. Come passerai la notte quassù?

Ti sdrai sotto un tronco che ti ripara dal freddo. Giri la testa, chiudi gli occhi.

Un odore conosciuto penetra le tue narici, ti accende una lacrima. Lascia una via pulita sulla polvere della guancia. Cade e bagna il piccolo porcino che sfiora il tuo naso.

Solo adesso e qui puoi provare a riposare aspettando una nuova e inaudita alba.  



Traccia:

“Non avrei mai immaginato, cercando funghi e frutti di bosco, di

ripercorrere quel vecchio sentiero dove, nella mia infanzia, mi

trovavo a passeggiare in solitudine....”

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