Il manualetto acquistato tanti anni prima passava anni ad aspettare che tu ti ricordassi di lui. Prima sulla tua scrivania, poi sul comodino e infine in libreria.
Lo hai ripreso dopo
trent’anni di solitudine, la pena che gli avevi inflitto. Lui, ingiallito e
impolverato, ti regala di nuovo le sue conoscenze.
Leggi a voce alta “Porcino:
la sua produzione varia in relazione all’andamento stagionale: è contrario alla siccità e alle basse temperature. Il porcino di castagno o rovere è di migliore qualità seguito dal porcino di abete e da quello di faggio.” Una voce in te ricorda: “Fai attenzione: non è facile leggere e camminare sui sentieri montani.”Il castagno, unica
essenza arborea presente sul sentiero, ti torna prepotente e maestoso alla
mente. I porcini invece sono avvolti nelle nebbie dei tuoi ricordi perché erano
tuo padre e un suo caro amico gli esperti di funghi. Tra loro si chiamavano Il
Micologo Rosso e Il Micologo Biondo, giocando sul rispettivo colore dei
capelli.
“Annetta guarda questo
funghetto. Lo prendiamo?” ti chiedeva a volte tuo padre per insegnarti a
scegliere bene. Ciò era fonte di divertimento, soprattutto quando rispondevi
male.
“Ci farà morire
tutti!” diceva ridendo tuo padre all’amico.
Ma le più belle
passeggiate erano quelle che cominciasti a fare da più grande. Tornare oggi su
questo sentiero ti centrifuga ricordi, speranze e vuoti rimpianti.
Qui hai prese le
decisioni importanti con la magica caparbia serenità dei vent’anni. Qui hai
portato le persone della tua vita ad affrontare il rito iniziatico. Le tue
amiche, i ragazzi, le scelte dovevano passare il filtro severo del sentiero.
“E’ rimasta senza
fiato!” o “Non distingue un abete da un larice” e ancora “Si sarebbe perso
dieci volte se non ci fossi stata io. Non conosce la differenza tra sud e
nord…” E poi le improvvise folgorazioni che ti avevano illuminata la strada da
prendere ai bivi esistenziali.
“Sarà l’esubero di
ossigeno o la maggiore vicinanza a Dio”, dicevi.
Le serate estive con
le tende, le chitarre, i fuochi e gli amici sono ancora vivide nel tuo cuore,
gli anni non le hanno sbiadite. L’eccitazione, la paura e la gioia erano un
sentimento unico. Gli ululati lontani dei lupi non erano presagi luttuosi ma
motivo per cantare più forte.
La giostra rutilante
del passato ti confonde al punto da doverti sedere un attimo. La testa gira
forte appena apri gli occhi.
Il sole con la sua
nuova luce lattiginosa ti abbaglia sfocando le sagome.
La nebbia artificiale
che si è alzata da qualche giorno non permette di spaziare oltre pochi metri: è
tutta polvere luminescente che staziona ferma nell’aria riflettendo spilli
taglienti di luce. Riesci ad aprire le palpebre a fessura coprendole con una
calza. Il respiro è difficile per l’odore pungente e chimico che ti porti
dietro dalla città.
Speri nel tuo bosco, nel
soffio degli alberi e delle piante. Nei colori delle more e dei mirtilli, nelle
foglie di castagno. Sogni le tonalità di verde e ocra nei panorami sul paese e
le montagne più in là. Vuoi essere nei frutti di bosco e funghi poco distanti
dal sentiero.
Invece è terra
sconosciuta fina come sabbia, niente alberi ma tronchi e rami spettrali e
sciolti e anneriti e fumanti.
Non hai incontrato
nessuno nei giorni di cammino che ti hanno riportata qui. In testa l’ultima
immagine di normalità. Tu, una poltrona e un libro. Poi un suono improvviso e
profondo. Forte da non sentirlo. Una serie di bagliori come mille soli al
tramonto.
Pochi secondi o attimi
eterni e un altro mondo ti ha avvolto.
Senza più pensieri ti
sei avviata a cercare indietro la tua vita. Verso il tuo sentiero. Polverizzato
anch’esso come tanta parte dell’umanità.
Non vuoi fermarti, e
perché dovresti. Non mangi da tre giorni, non c’è nulla da mangiare.
Eppure cammini. “Se mi
fermo muoio anch’io”, pensi.
Superate le tre
colline, sei salita al punto panoramico. “Mi fermo un attimo, non sento più i
piedi”. Un ginocchio dietro l’altro ti accompagna a sederti a terra. Fa buio
velocemente. Come passerai la notte quassù?
Ti sdrai sotto un
tronco che ti ripara dal freddo. Giri la testa, chiudi gli occhi.
Un odore conosciuto
penetra le tue narici, ti accende una lacrima. Lascia una via pulita sulla
polvere della guancia. Cade e bagna il piccolo porcino che sfiora il tuo naso.
Solo adesso e qui puoi
provare a riposare aspettando una nuova e inaudita alba.
Traccia:
“Non avrei mai
immaginato, cercando funghi e frutti di bosco, di
ripercorrere quel
vecchio sentiero dove, nella mia infanzia, mi
trovavo a passeggiare
in solitudine....”
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