09/10/24

LUIGI, TRAMP E LA MADRE MUSICA (FANTASY)

“Sai quanto tengo a te e quanta tristezza mi dà la tua mancanza anche per un giorno. Ora però, per la prima volta, sono costretto a chiederti un sacrificio.”

“A cosa ti riferisci?” chiese Luigi allo zio.

“Alla nostra fonte di energia. La Madre Musica” rispose lo zio Zio.

“Sono passati solo due secoli” continuò Zio “dalla Grande Estinzione Terrestre causata dagli uomini del ventunesimo secolo, gli ultimi barbari.

Da allora noi piccoli gruppi di umani viviamo in castelli coi nostri fratelli animali.”

“La vita sulla terra è cambiata” si inserì veemente nel discorso il cane di famiglia dal ciuffo biondo Tramp “da quando un umano ha inventato il traduttore mentale.” Si riferiva all’app scaricabile direttamente in una parte inutilizzata del cervello. Con quella tutti potevano capire e parlare con tutti, anche tra razze animali diverse.

 “Solo tu e Tramp” riprese Zio “potete recuperare la chiave che apre gli scrigni silenti.”

“Sai quanto ami la musica, come io non riesca nemmeno ad alzarmi dal letto se nei nostri castelli non risuonano le note liete o gravi che aprono i nostri cuori. Ma non riesco a capire come potrei io trovare la chiave di Sole che ci ha portato via la nonna Fafà quando sono nato. Non ho mai vista né la chiave, né la nonna tantomeno mia madre Sibe.”

“La vita sulla terra è cambiata” riprese Tramp che provava a star dietro ai discorsi del suo amico Luigi e di suo zio Zio, non sempre con successo.

“Eppure è così.” continuò Zio “Non puoi certo riconoscere tua nonna, la strega Fafà, tuttavia potresti riconoscere tuo fratello gemello che lei portò via alla nascita.”

“La vita è... Se non c’ero io portava via anche te, povero Luigi” si accese Tramp soffiando via il ciuffo dagli occhi, “…cambiata sulla terra” terminò il concetto.

“Tramp ha conosciuto tua nonna. Lei lo aveva regalato a te il giorno della tua nascita e un suo fratello a tuo fratello Mario. Lui può riconoscerla”

“Sulla terra però sono passati quindici anni e la vita è cambiata” sentenziò Tramp.

“Chi possiede adesso la chiave di Sole?” interrogò Luigi sfregandosi l’occhio destro.

“Noi tutti nel Senatus Populusque pensiamo che la portò con se Fafà. La lettera eterea che ci arrivò il mese successivo era sicuramente sua, l’odore era inconfondibile. E lì dichiarava il furto. Sapeva bene, la strega, che non saremmo sopravvissuti a lungo senza nuova musica. Non immaginava certo che i pochi spartiti ci sarebbero bastati per quindici anni. Al Maestro Pentagrammio bastò cambiare semplicemente il tempo dei brani. Ciò che durava dieci minuti arrivò in certune esecuzioni a superare le otto ore, mezza giornata piena. Certo la brillantezza dei pezzi non ne ha giovato. Ecco perché oggi ti chiedo di andare da tua nonna e farti ridare la chiave. Magari in questi anni è cambiata, il suo pessimo carattere è migliorato…”

“La vita sulla terra è cambiata”, non era il giorno migliore per Tramp. Ma dobbiamo capirlo: l’emozione del viaggio da intraprendere e la responsabilità della Comunità che gravava su di lui. E poi non era più così giovane.

 

Una settimana dopo la partenza, Luigi e Tramp vedevano in lontananza le guglie dei castelli di Fafà, in tutto simili a quelle dei loro castelli.

“L’idea di tua nonna di colorare tutto il cielo di rosso mi inquieta” disse Tramp.

“Sono d’accordo. Preferisco l’azzurro. Però è a discrezione del Governatore. Il rosso lo preferisco al tramonto e in una porzione di cielo, possibilmente all’orizzonte.” E di colpo ciò avvenne.

“Cosa diavolo…” abbaiò Tramp

“E’ vero!! Mi ha avvertito Zio. Chi non è dentro il Programma di Assuefazione può cambiare alcune cose già solo col pensiero. Facciamo attenzione.”

Luigi aveva ragione. Il cambiamento repentino del colore del cielo aveva messo in allarme i sistemi di sicurezza del Feudo. Mentre i colori venivano repentinamente ripristinati dalla Cielo (Mio Marito) Industries, uno sciame di zanzare giaguare si era alzato in volo di ricognizione. I loro pericolosi pungiglioni potevano tramutare Sinfonie in ritmi Trap. Una devastazione.

“Meglio fermarsi lontano dal castello per la notte”, sostenne Luigi. Tramp era talmente stanco che si accovacciò sul suo stuoino addormentandosi all’istante senza nemmeno rispondere.

L’alba del giorno dopo li svegliò con il cielo arcobaleno da est a ovest. “Deve essere una ricorrenza importante, se c’è sto popò di cielo oggi” pensava a voce alta Luigi.

“Certo! Oggi è il tuo compleanno.” Disse sbadigliando il cane.

“Hai ragione, ma non credo sia per me…ma, certo, è ovvio, è anche il compleanno di Mario, mio fratello, principe di Fafalopoli. Meglio così, ci sarà tanta gente, potremo confonderci con gli altri e entrare facilmente.”

“Tieni, ti do il mio lenzuolo per coprirti il viso. La vita sarà pure cambiata ma tu e tuo fratello siete gemelli.”

L’intuizione venne salutata da sei colpi di cannone e dai primi fuochi d’artificio. Allo scoccare di ogni ora i fuochi avrebbero accompagnato i pellegrini nei festeggiamenti.

 

Appena superato il portone d’entrata, Luigi e Tramp furono quasi travolti da un fiume di persone, saltimbanchi, suonatori, circensi e umanità variopinta. Proiezioni emozionali catapultavano i presenti dentro fatti storici o immaginari. Cibi di tutti i tipi volavano a due metri da terra come fossero su un tapis roulant, bastava allungare un braccio.

Era l’ora della Regina, l’ora centrale, la mezza. Tutti attendevano l’affacciarsi di Mario e Fafà dalla terrazza della Potenza. Anche Luigi, col viso celato, aspettava con gli altri. “Eccoli”, esclamò “posso finalmente vedere mio fratello e mia nonna.”

Voltatosi verso Tramp per indicargli i due puntini, trasalì: vide se stesso lì accanto.  

“Mario!” urlò, percorrendo l’unica strada plausibile ma assurda.

“Come conosci questo nome? Sono il principe oiraM. Tu chi sei?”

Tramp provò per un attimo a tirare Luigi a sé, il suo senso canino sentiva che qualcosa stava andando storto. Ma non ci riuscì. “Fermati bestia!” gli disse un cane molto simile a lui “Chi sei?”

“Mi chiamo Tramp” rispose.

“Anch’io” lo sguardo era interrogativo. Non aveva mai incontrato un cane simile col suo nome. Lo avrebbe volentieri morso ma qualcosa lo tratteneva.

“OiraM, guardami.” Luigi aveva deciso di giocare a viso scoperto.

“Sei identico a me”, gli rispose. “Luigi?”

“Come puoi essere lassù e qui contemporaneamente?”

“Non so, l’ho sempre fatto. Penso di essere in un posto nel Feudo e sono lì. Ma ora attendi. Devo parlare al mio popolo”, disse rimanendo innaturalmente silenzioso durante tutto il discorso. Ogni poche parole la gente urlava e acclamava. Una serie di fuochi pirotecnici lo concluse.

 

 

In un anfratto oscuro e dimenticato del castello, il principe oiraM parlava con Luigi mentre i due cani si annusavano giocando.

“Immaginavo qualcosa ma non credevo potesse essere accaduto ciò che mi hai raccontato. Ho molti dubbi sul tuo racconto. Devo però avere fiducia in te, fratello,” aggrottò il viso toccandosi l’occhio destro. “Madre Sibe a volte cade in tristezze infinite. Ne comincio a capire il perché. Vieni, ti deve vedere.”

“Non posso muovermi nel castello, è pericoloso.”

“Pensa con tutta la tua intensità di essere da lei e, se tu sei come me, vi andremo insieme senza muoverci da qui.”

Per quanto giovane e quindi libero di conoscere, questa era tanto grande anche per lui. Ma che aveva da perdere? Sognava di incontrare la madre da sempre.

“Mamma!” per la prima volta non era solo una parola o un desiderio per Luigi. Ci mise poco la madre a capire. Di fronte a lei i suoi gemelli, quasi indistinguibili.

“Luigi! Mario!” Disse Sibe. Il principe oiraM la guardava come un’apparizione celeste. Non aveva mai sentita la sua voce, non parlava dal giorno in cui fu costretta a lasciare l’altro figlio a Zio e scappare. Le parole non potevano bastare. Si sciolsero nell’Abbraccio del Cuore, dove tutte le emozioni, le domande, i sentimenti si chiarivano, limpidi in loro.

Il tempo stringeva, rimanere poteva significare vanificare il viaggio, fare morire di silenzio il popolo di Zio. Luigi e Tramp dovevano tornare al più presto.

“Giuro che riuscirò a far cambiare idea a Fafà”, disse il principe.

“Farò altrettanto con Zio”, rispose Luigi.

Sibe si alzò, aprì un armadio e prese un vecchio involucro di cuoio. Dentro vi era un sacco di velluto e finalmente il suo violino. “Ecco. Ti consegno il violino, il suo suono è stato la mia parola, ogni mia lacrima una nota. Ora ne hai più bisogno tu. Dentro c’è la chiave di Sole per aprire gli scrigni e far arrivare musica nuova nei tuoi castelli. Portalo a Zio, lui capirà.”

 

Dietro la porta della stanza di Sibe, la sua aiutante sostava da qualche minuto. Fafà l’aveva destinata alla figlia Sibe per controllare le sue mosse. Il suo orecchio, incollato alla porta, aveva sentita tutta la conversazione.



Traccia:

“Lo zio di Luigi dice al nipote che per ottenere quegli spartiti musicali deve intraprendere un lungo viaggio per cercare una chiave che apra lo scrigno in cui gli spartiti sono custoditi.

Il protagonista deve avere un antagonista, anche, facoltativo, un aiutante. Tutto in chiave fantasy.”


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