L’idea di cadere è sgradevole. “Un aereo, una buccia di banana, una tromba delle scale. Lì si che ho paura”, penso. E mentre penso, in un attimo che si legge con tante “O”, mi dico a voce alta: “E’ solo acqua, sarà bellissimo!”.
Bellissimo per chi poi, è da vedere. Sono vestito, il costume è in borsa, Paolo mi ha spinto in acqua e lo vedo ridere a bordo piscina.
Per lui già così è divertente. Gli altri, attirati dalle mie urla e da quelle di Paolo, urla diverse date le diverse motivazioni, mi guardano cadere. E anch’io mi vedo.“Sto agitando le
braccia quasi stessi già nuotando”, noto roteandole alla disperata ricerca di
un po’ d’aria dura a cui appigliarmi. Anche le gambe provano a camminare sulle
acque. Ma la Fisica è ostinata nelle sue idee.
“Mi metto i
pantaloncini verdi e la t-shirt azzurra” lo sguardo di Anna, moglie, è
disgustato. “Andiamo a casa di Lucia e tu ti vesti come al solito male?” dice
con un filo di voce. Quando non alza il tono so che il magma è a livelli
pericolosi. “Loro saranno eleganti”, chiude lapidaria il discorso e la porta
sul mio naso, simultaneamente.
“Non deve essersi accorta
che mi sono già vestito in verde azzurro, non ha pensato all’accostamento acqua
di mare” mi dico tornando al guardaroba.
E scelgo dunque il mio
unico vestito estivo. Giacca e pantaloni color Sahara, camicia di lino e
sandali beige per il tocco di carattere.
Poco prima di toccare
l’acqua piena di solventi e candeggina mi ricordo l’odore di pulito e fresco
sentito poche ore prima prendendo l’abito e indossandolo. Vedo anche due occhi
di moglie sgranati. Poi solo acqua, occhiali, vestito. Mi tocco la tasca destra
e, miracolo, non ho con me il cellulare. Tocco la sinistra e, disastro, è lì.
Riesco a fatica a farlo uscire dal pantalone che ha tasche piccole. Lo lancio
fuori dall’acqua. Atterra su un asciugamani. Esco fuori anche io. Tutti ridono.
D'altronde io sono un burlone, quindi devo avere senso dell’umorismo. Mi fermo
al senso dell’um, del dubbio. La parte destra del mio viso sorride, quella
sinistra no. Anche gli amici (ex?) percepiscono il danno che io vedo così:
vestito macchiato e ritirato, occhiali disciolti, telefono pieno d’acqua con
pesciolini all’interno. Non sono lucido. Me ne accorgo dai pensieri che ho
verso il caro Paolo, amico d’infanzia. Ora si sta prodigando per asciugare il
telefono, dice che metterlo sotto sale fa miracoli in questi casi. “Bene. Ti ci
metto subito!” gli rispondo senza accennare ai sentimenti.
“Hai comprato il
telefono nuovo?” mi chiede Paolo. Lo voleva comprare lui, ci siamo accordati a
metà per uno. “Si certo, sto andando a ritirarlo” gli dico.
“Mi spiace davvero, scusami
ancora”, mi ripete.
“Paolo, caro, in
quella giornata ho perso tutti i numeri in rubrica, due telefonate importanti
di lavoro, le password dei social, una mail fondamentale e il telefono”
rispondo “ma ho vissuto il più bel pomeriggio con moglie e amici da trent’anni.
Per solidarietà avete spento tutti i vostri cellulari. Abbiamo parlato tra noi
e riso, mangiato e bevuto. E’ stato fantastico. Peccato solo che non mi sono
messo il costume. Non avevo più voglia di fare il bagno.”
Una amica mi ha invitato in piscina. Siamo in gruppo e ci invitano a
far il bagno. Mi buttano in acqua vestito con tutto il cellulare.
Usare il fast forward
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